La decisione

Trivelle al largo del Delta del Po, arriva lo stop del TAR del Lazio

Due le sentenze che di fatto annullano due decreti emessi dai ministeri della Transizione ecologica e della Cultura sulla compatibilità ambientale

Trivelle al largo del Delta del Po, arriva lo stop del TAR del Lazio
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Non si abbassa in Polesine la preoccupazione per la ripresa delle trivellazioni in Adriatico, proprio davanti alla costa rodigina. Due provvedimenti ministeriali avevano espresso giudizi di compatibilità ambientale sul progetto di messa in produzione del giacimento denominato Teodorico. I ricorsi erano stati avanzati da associazioni ambientaliste e - tra gli altri - l’Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po, la Provincia di Rovigo e alcuni comuni. Il TAR ha, ora, accolto i ricorsi sulla base di "conseguenze gravi per gli equilibri geologici" (in copertina: immagine di repertorio).

Trivelle nel Delta del Po, il TAR del Lazio accoglie i ricorsi

Teodorico è stato sconfitto: il Tar del Lazio, infatti, ha accolto i due ricorsi per l’annullamento del decreto del 29 marzo 2021 del ministro della Transizione ecologica e del ministro della Cultura, con il quale era stato “espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale sul progetto di messa in produzione del giacimento convenzionalmente nell’ambito della concessione di coltivazione presentato da Po Valley Operations”.

A impugnare l’atto che avrebbe visto le trivelle entrare in azione in mare al largo del Delta del Po sono stati in particolare l’Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po, la Provincia di Rovigo, i Comuni di Adria, Taglio di Po, Ariano nel Polesine, Loreo, Rosolina, Papozze, Corbola, Porto Viro e Porto Tolle, con un secondo analogo procedimento aperto da Legambiente nazionale, Lipu, Wwf Italua e Greenpeace, assistiti dall’avvocato rodigino Matteo Ceruti.

“Il provvedimento impugnato - si legge nella sentenza - ha consentito una trivellazione a meno di un chilometro dai confini di un’area del Delta del Po, posta tra le 6 e le 12 miglia marine di distanza dalla costa e qualificabile come sito marino di interesse comunitario”.

Dopo il riconoscimento nel 2015 da parte dell’Unesco del Delta del Po come riserva di biosfera del programma ‘Man and the Biosphere’, a suo tempo il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva proposto alla Regione Veneto e alla Regione Emilia-Romagna l’individuazione del sito marino di importanza comunitaria, individuato con le delibere delle giunte regionali di Veneto ed Emilia Romagna nel 2020, per una superficie totale di 536 chilometri quadrati.

Quindi, si legge nella sentenza:

“Poiché non vi è stata la valutazione della proposta a suo tempo trasmessa dallo Stato alla Commissione europea, avente per oggetto il Delta del Po, il primo motivo del ricorso va accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato. Restano assorbite le altre censure, poiché il disposto annullamento comporta la salvezza degli ulteriori provvedimenti e la rinnovazione del procedimento, basata sulle ulteriori valutazioni nelle sedi competenti degli interessi in conflitto”.

Il progetto iniziale

Il progetto prevedeva la realizzazione di una piattaforma offshore e la perforazione di 2 pozzi di sviluppo certi, con la possibilità di perforare ulteriori due pozzi, con completamenti in “sand control”.

Tutto questo al di sotto del 43esimo parallelo, davanti alla costa romagnola ma a ben poca distanza dal Delta veneto.

Una sentenza importantissima, che ferma trivelle ormai già pronte, sebbene non sia una vittoria definitiva, viste anche le nuove aperture delle ultime disposizioni normative che hanno derogato anche alla linea del 43esimo parallelo.

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