Una birra sempre più tricolore: a Rovigo nasce la malteria più grande d'Italia
Punta a soddisfare il 60% del fabbisogno nazionale. Alla presentazione anche il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini, e Teo Musso di Baladin, birraio più famoso d’Italia e anche presidente del Consorzio Birra Italiana.
L’orzo maltato - ovvero il principale ingrediente nella produzione di birra - prodotto oggi in Italia copre soltanto il 40% del fabbisogno nazionale. Vale a dire che i birrifici nostrani, sia industriali che artigianali, sono costretti ad affidarsi all’estero, e anche quando i cereali di partenza sono coltivati sul patrio suolo, il più delle volte viaggiano verso Nord oltre confine (per lo più in Francia e Germania) per tornare poi a casa dopo il processo di maltazione.
Una tendenza che in futuro potrebbe invertirsi. Ne sono convinti due importanti sigle di categoria, Coldiretti e Consorzio Birra Italiana, sponsor di un ambizioso progetto che sta per vedere la luce sul Delta del Po. Nei giorni scorsi, a Loreo, in provincia di Rovigo, la società K-Adriatica ha infatti presentato la prosecuzione del progetto Italmalt, che a partire dal 2023 punta a diventare la più grande malteria d’Italia grazie alle sue due sedi, una già in attività in Basilicata e l'altra appunto destinata a sorgere sulle rive del Po.
A Rovigo nasce la malteria più grande d'Italia
Alla presentazione non sono mancati l’amministratore delegato di K-Adriatica, Giovanni Toffoli, il sindaco di Loreo e presidente del Parco Regionale del Delta del Po Moreno Gasparini, l’assessore della Regione Veneto a pianificazione territoriale e urbanistica, beni ambientali, caccia, pesca e acquacoltura Cristiano Corazzari, il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini, e Teo Musso, che oltre ad essere il birraio più famoso d’Italia e patron del birrificio Baladin di Piozzo (Cuneo), è anche presidente del Consorzio Birra Italiana. (in copertina, da sinistra: Prandini, Corazzari, Gasparini, Musso e Toffoli).
Il fabbisogno di malto per birra in Italia è calcolato al momento in circa 208mila tonnellate, 36mila delle quali già prodotte da Italmalt di K-Adriatica in una malteria già da alcuni anni in attività a Melfi, in Basilicata.
L’obiettivo, fra due anni (giugno 2023) è arrivare a produrre nel Rodigino circa 50mila tonnellate, che unitamente alla produzione a Melfi arriverebbero a coprire potenzialmente circa il 60% del fabbisogno nazionale.
L'importanza della filiera: il polo della birra del Nordest
Come? Attraverso contratti di filiera che coinvolgeranno circa 800 imprese agricole del Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Marche. Insomma, Polesine e Veneto come punto di riferimento per il polo della birra del Nordest.
Circa 25 milioni di euro l’investimento complessivo (22,6 milioni per gli impianti tecnologici e 2,4 per lo stabilimento produttivo), e un indotto (per la gioia del sindaco e dell’assessore regionale presenti) da 10 milioni di euro.
E, naturalmente, filiera corta, massima ecosostenibilità, con energia da cogenerazione e alta automazione, collegata a un sistema integrato di stoccaggio e permetterà di occupare, tra diretti ed indiretti, oltre 100 persone.
Una birra al 100% italiana è possibile
"Questo impianto darà lavoro non solo alle persone che andranno a costruirlo e poi dopo a gestirlo - ha commentato il sindaco di Loreo - ma sarà un lavoro costante di filiera che agirà positivamente nel territorio a largo raggio".
"Tra diretti e indiretti siamo a oltre 100 persone che verranno impiegate, ma andremo a coinvolgere da 800 a 1000 aziende agricole che potranno valorizzare la loro produzione agricola e il loro orzo - ha spiegato Toffoli - Una vera filiera diffusa con centri di stoccaggio periferici in cui gli agricoltori, magari associati in qualche forma, potrebbero fare le prime lavorazioni e portare da noi già l'orzo selezionato e calibrato per essere poi trasformato in malto".
Consorzio birra italiana si batte da anni per garantire e tracciare la prevalenza di materia prima da filiera agricola italiana. Un chiodo fisso per Teo Musso, per il quale l’importanza del terroir è tutto: fra i padri della birra artigianale italiana nel 1996, nel tempo è stato sempre più artefice di un modus di produzione legato, appunto, alla terra sia a livello di cereali, che di luppoli e persino di lieviti, tanto che la sua Nazionale è stata la prima birra con ingredienti del tutto made in Italy e Baladin, da piccolo pub di provincia è diventato birrificio agricolo e probabilmente l’azienda brassicola più importante a livello nazionale.
Allo stesso modo Cib, sta lavorando alla crescita della filiera del luppolo in Italia, puntando a competere con le produzioni estere, e ha creato anche il marchio “artigianale da filiera agricola italiana”, per certificare le produzioni al 100% autoctone, insieme anche a Coldiretti, che punta a una rivitalizzazione delle produzioni (anche perché coi pub chiusi o aperti a rate, il consumo complessivo durante la pandemia è calato dell’11%, anche se in litri la birra è stata la bevanda più consumata dagli italiani anche in tempi di Covid.
daniele.pirola@netweek.it