Sgominata la banda del 'bonus facciate'
Il lavoro delle fiamme gialle permette di portare alla luce una importante organizzazione che cercava di lucrare sui bonus dopo il covid
La Procura della Repubblica ha chiesto il processo per nove persone che si sono rese protagoniste (stando a quanto sostenuto dall'accusa e che andrà dimostrato in aula) di una truffa che mirava a lucrare sui fondi statali messi a disposizione per aiutare le imprese ad uscire dalla difficoltà economiche legate al Covid ed al lockdown.
Obiettivo bonus facciate
Il gruppo al centro delle indagini della Guardia di finanza di Rovigo aveva deciso di approfittarsi degli incentivi legati al 'bonus facciate' che grazie alla cessione del credito voleva rilanciare il settore edilizio. Approfittando del fatto che all'inizio i controlli erano decisamente carenti (se non inesistenti) la banda si è organizzata per cercare di avere questi fondi senza in realtà eseguire nessun tipo di lavoro ma avanzando solo una semplice dichiarazione.
L'inchiesta è stata illustrata durante una conferenza stampa questa mattina, al comando provinciale della Guardia di finanza di Rovigo a cui hanno partecipato il Procuratore della Repubblica di Rovigo - Manuela Fasolato,il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Rovigo colonnello Issmi Antonio Morelli, il Comandante del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Rovigo colonnello Ferdinando Mazzacuva e il Comandante del Gruppo di Rovigo, tenente colonnello Sebastiano Mario Rizzo.
Questa la nota diffusa dalla procura: "La Procura della Repubblica di Rovigo ha esercitato l’azione penale, mediante il deposito della richiesta di rinvio a giudizio, confronti di n.9 persone fisiche – M.M. del 1984 e residente a Lusia; L. A. del 1971 e residente a Lendinara; A. A. del 1969 e residente a Rovigo; F. G. del 1978 e residente a Ferrara; C.G. del 1985 e residente a Rovigo; O. A. del 1997 e residente a Lendinara; C.M. del 1985 e residente a Polesella; A.A. del 1967 e residente in Svizzera; R.L. del 1959 e residente a Rovigo - e un soggetto giuridico imputati a vario titolo di numerosi delitti di tentativi indebite percezioni di erogazioni pubbliche (n.28 fatti reato contestati al soggetto ritenuto in ipotesi accusatoria il principale responsabile, in concorso in 20 episodi con un altro soggetto ritenuto responsabile e in altri 8 casi con un altro soggetto al pari ritenuto responsabile), di false attestazioni ad ente pubblico (n.28 fatti reato contestati al soggetto ritenuto in ipotesi accusatoria il principale responsabile, in concorso in 20 episodi con un altro soggetto ritenuto responsabile e in altri 8 casi con un altro soggetto al pari ritenuto responsabile), di truffe aggravate ai danni di ente pubblico (n. 4 fatti reato contestati ai predetti soggetti), di autoriciclaggi ( n. 5 fatti reato contestati sempre ai medesimi soggetti) e riciclaggio ( contestati ad altri tre soggetti ritenuti in ipotesi accusatoria responsabili), di favoreggiamento personale ( contestato in ipotesi accusatoria ad un soggetto con la qualifica di difensore di fiducia di uno dei principali indagati, nonché contestato a due soggetti che avevano le mansioni di segreteria per uno dei principali responsabili), nonché nei confronti di una società a responsabilità limitata, con sede a Polesella per illecito amministrativo dell’ente dipendente dai reati presupposti di riciclaggio e autoriciclaggio di cui al D. Lgs 231/2001; ad un imputato è stata contestata in ipotesi accusatoria la recidiva specifica infraquinquiennale, a due la recidiva specifica, ad uno la recidiva semplice".
"Le indagini hanno consentito di ricostruire una importante truffa, in ipotesi accusatoria, legata ai bonus edilizi (in particolare, bonus facciate) e alla successiva condotta di riciclaggio del denaro, quale provento delle predette truffe. La Guardia di Finanza, mediante un’analisi capillare dei dati ottenuti dalla Banca Dati Prisma - ovvero quella piattaforma che contiene i dati relativi alla creazione e al successivo trasferimento dei crediti ha dimostrato l’esistenza di crediti collegati a lavori edilizi mai realizzati. In particolare, si è proceduti con l’ascolto a sommarie informazioni di tutti i proprietari degli immobili, sui quali erano stati svolti i lavori edilizi - lavori che avevano consentito la creazione dei crediti-, i quali hanno riferito di non
aver mai eseguito lavori edilizi, di non conoscere gli indagati e le società utilizzate da quest’ultimi".
"La Banca Dati Sogei ha, invece, consentito di appurare che l’inserimento materiale dei dati relativi agli immobili, ai lavori e agli importi delle opere stesse, nel portale dedicato dell’Agenzia delle Entrate, onde creare i crediti fittizi, è avvenuto attraverso l’intermediazione di professionisti abilitati. L’inserimento dei dati, infatti, può avvenire ad opera della persona proprietaria del bene sul quale sono stati svolti i lavori oppure, mediante espressa delega, da parte di professioni abilitati. Gli indagati, consapevoli della circostanza che nessun lavoro era stato realizzato, creavano delle deleghe con le quali fittiziamente simulavano che il proprietario del bene autorizzava il libero professionista all’inserimento dei dati".
"Il credito così generato risultava essere, però, intestato al proprietario del bene sul quale venivano realizzati i lavori; così, subito dopo la generazione dello stesso, si procedeva al trasferimento del credito a favore delle società riconducibili agli indagati. Il credito non è altro che un bene e come tale può essere liberamente trasferito dietro pagamento di un corrispettivo; le indagini hanno dimostrato come nessun rapporto economico è mai esistito tra i proprietari di casa (cessionari) e le società degli indagati".
"I soggetti economici destinatari dei crediti (fittizi), mediante artifizi e raggiri, consistiti nel far credere alle Poste Italiane Spa che si trattasse di crediti d’imposta leciti e generati per lavori edilizi effettivamente eseguiti, procedevano alla vendita degli stessi a loro favore; l’Ente, ignaro della
fittizietà dei crediti, veniva indotto in errore, procedendo al loro acquisto e corrispondendo una somma pari a euro 2.186.618,73, ovvero circa l’83% del valore nominale dei crediti acquistati; le indagini bancarie hanno dimostrato come effettivamente le Poste abbiano effettuato nr. 4 bonifici, rispettivamente di euro 1196.139,64, di euro 115.493,54, di euro 434.081,10, di euro 440.904,45, a favore di tre conti correnti accesi presso la filiale delle Poste Italiane di Rovigo e intestati ai tre soggetti economici che figuravano come i venditori dei crediti stessi".
"La compagine criminosa, dunque, decideva che tutte le somme di denaro provento del reato di truffa dovessero confluire su uno solo dei tre conti correnti appena citati; le indagini hanno infatti dimostrato che due delle tre società riconducibili agli indagati, subito dopo aver ricevuto il corrispettivo dalle Poste per la vendita dei crediti, hanno fatto confluire il quasi intero importo a favore del conto corrente della terzo società".
"La compagine criminosa, essendo perfettamente consapevole che quella somma di denaro non era altro che il provento del reato di truffa, al fine di evitare che l’A.G. potesse facilmente individuarla e aggredirla, nonostante ci fosse stato già un primo atto di trasferimento, procedevano ad un successivo trasferimento a favore di un ulteriore soggetto economico, ricevendo, quale controprestazione, una somma di denaro in contanti decurtata di una percentuale, pari all’8-10%, corrispondente al prezzo del riciclaggio. Infatti, gli autori della truffa, in questo modo, secondo l’ipotesi accusatoria avevano trasformato in contanti la somma di denaro provento di truffa oggetto di bonifici, così riuscendo più facilmente ad occultarla o ad utilizzarla per ulteriori investimenti".
"Le indagini capillari – sostanziatesi in attività tecniche tra cui intercettazioni, analisi dei conti correnti, della documentazione contabile, in perquisizione e sequestri, in pedinamenti- hanno, infatti, dimostrato come l’ultimo soggetto economico (ovvero, quello a favore del quale il bonifico veniva effettuato) avesse enormi disponibilità di denaro contante: il medesimo giorno in cui veniva effettuato il bonifico, secondo le indagini due soggetti, che fungevano da intermediari tra le due società, si portavano materialmente presso la sede del soggetto economico destinatario del bonifico e ritiravano il denaro contante, al netto della percentuale del riciclaggio, che veniva riconsegnato all’emittente del bonifico".
"Queste conclusioni trovano piena conferma, in ipotesi accusatoria, nella circostanza che, all’atto di due perquisizioni poste in essere presso l’abitazione di uno dei principali imputati, le forze dell’ordine hanno rinvenuto denaro per euro 170.790,00, suddiviso in mazzette di vario taglio, occultati all’interno di scatole di cartone e sacchetti. La Procura della Repubblica di Rovigo nel corso dell’indagine ha richiesto ed ottenuto il sequestro preventivo sia del denaro, profitto della cessione dei crediti ritenuti in ipotesi accusatoria fittizi e delle condotte ritenute in ipotesi accusatoria di autoriciclaggio e riciclaggio, che degli stessi crediti ritenuti
in ipotesi accusatoria fittizi ceduti alle Poste italiane spa, nonché ha richiesto ed ottenuto misure cautelari personali".
"Ad oggi sono stati sequestrati, nei confronti di tutti gli imputati, beni per un valore pari a euro 754.169,21. Inoltre, si è proceduto col sequestro dei crediti acquistati dalle Poste Italiane per un valore
pari a euro 2.895.581,00".
"I delitti di tentativi di indebita percezione di erogazioni pubbliche sono stati, in ipotesi accusatoria, commessi strumentalizzando le agevolazioni concesse dallo Stato in materia di bonus edilizi, in particolare il c.d. bonus facciate, previsto nella forma del “credito d’imposta”, codice tributo nr. 6925, dall’art. 1 commi 219-224 della legge 160/2019, e la possibilità prevista dall’art. 121 del D.l. 34/2020 della cessione a terzi del medesimo credito d’imposta, mediante l’utilizzo di dichiarazioni attestanti cose non vere, all’insaputa dei proprietari degli immobili che figuravano beneficiari di lavori mai eseguiti, indicando falsamente nella comunicazione dell’opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica, prevista dagli articoli 119 e 121 del D. L. nr. 34/2020, di aver effettuato lavori di rifacimento facciate in immobili in realtà mai eseguiti; l’intermediario abilitato all’inserimento dei dati caricava nel sito dell’agenzia delle entrate, nella “Piattaforma Gestione Crediti” predisposta dall’Agenzia dell’Entrate, le informazioni afferenti i lavori asseritamente effettuati, nonché i dati relativi ai beneficiari e ai cessionari dei crediti così generati; i crediti d’imposta così generati (pari al 90% dell’importo complessivo della spesa per i lavori dichiarati ma non eseguiti), venivano ceduti alle società così ponendo in essere atti idonei, e diretti in modo non equivoco, a conseguire indebitamente erogazioni pubbliche, trasferendo i predetti crediti a Poste Italiane Spa e da quest’ultima utilizzabili in compensazione con il pagamento delle imposte dalla stessa dovute, compensazioni dei crediti d’imposta poi non avvenute da parte delle Poste Italiane spa in quanto interveniva il sequestro penale dei falsi crediti così ceduti."
"I delitti di false attestazioni sono stati, in ipotesi accusatoria, commessi producendo atti di delega con firme false dei proprietari, con i quali si chiedeva a professionisti abilitati di inserire dati e informazioni sul sito dell’Agenzia delle Entrate al fine di generare crediti d’imposta, che erano fittizi, così inducendo in errore i professionisti che in qualità d’intermediari abilitati attestavano falsamente l’esecuzione di lavori di rifacimento facciate riguardo a immobili di proprietà di soggetti ignari, lavori in realtà mai eseguiti, inserendo sul foglio elettronico presente sul sito dell’Agenzia delle Entrate, c.d. “Piattaforma Gestione Crediti”, i dati degli immobili, dei proprietari e di esecuzione dei lavori in realtà mai eseguiti, atto pubblico con false attestazioni che veniva così trasmesso agli uffici dell’Agenzia delle Entrate".
"I delitti di truffa aggravata sono stati, in ipotesi accusatoria, commessi dopo aver generato i crediti d’imposta illeciti, per lavori mai eseguiti, vendendo i predetti crediti a Poste Italiane S.p.a., mediante artifizi e raggiri, consistiti nel far credere alle Poste Italiane S.p.a. che si trattasse di crediti d’imposta leciti e generati per lavori edilizi effettivamente eseguiti, inducendo in errore Poste Italiane S.p.a., le quali decidevano di acquistarli accettando i predetti crediti ceduti ed effettuando, come controprestazioni, bonifici bancari, a favore dei conti correnti accesi presso filiali di Poste Italiane di Rovigo, intestati ai venditori, che così si procuravano un ingiusto profitto con altrui danno, fatto aggravato per essere stato commesso ai danni di un ente pubblico".
"I delitti di autoriciclaggio sono stati in ipotesi accusatoria commessi mediante un primo e un successivo, e definitivo, trasferimento dei proventi delle truffe a favore della società – e quindi impiegati all’interno di un’attività economica- che aveva enormi disponibilità di denaro, così
ostacolando concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa; in maniera speculare, l’amministratore dell’ultima attività economica e i due intermediari rispondo del delitto di riciclaggio.
La Procura della Repubblica ha esercitato l’azione penale depositando la richiesta di rinvio a giudizio".